Seppur le dimensioni della struttura espositiva siano limitate, il Museo Civico di Nepi conserva al suo interno importanti opere archeologiche che documentano la storia della cittadina. Alcune di queste sono di straordinario interesse.
INFUSORE BRONZEO
Fra gli importanti reperti recuperati a seguito di scavi archeologici, ve ne è uno che merita una particolare attenzione. Si tratta di un oggetto bronzeo di dubbia interpretazione, data la sua rarità. Fu rinvenuto nel 2003 all’interno di una tomba a camera della necropoli di Sante Grotte, poggiato alla parete di fondo. Composto da un contenitore a vasca troncoconica traforata su cui si innesta un lungo manico cavo terminante con due eleganti teste di cigno, è sicuramente uno strumento legato alla pratica del simposio. Oggetti bronzei di questo tipo sono variamente attestati in ambito etrusco e romano. Accanto alle brocche facevano solitamente parte del corredo mestoli, colini e imbuti. Questo complesso strumentario necessitava per versare il vino e filtrarlo. Dato il gusto un po’ acidulo, la bevanda veniva, poi, resa più gradevole al palato aggiungendo miele o altre sostanze. L’oggetto di Nepi con la sua forma allungata e la vasca traforata farebbe pensare ad una sorta di antico infusore, all’interno del quale venivano inserite delle fragranze per insaporire il vino. Non essendone conosciuti altri di forma uguale, l’identificazione e la datazione (forse VI – V secolo a.C. in relazione agli altri materiali presenti nella camera sepolcrale) rimangono incerte, ma ciò rende l’oggetto ancora più singolare.
TESTA DI OTTAVIANO AUGUSTO
L’opera di maggior prestigio che appartiene alla fase romana dell’antica Nepet è la testa marmorea raffigurante Augusto. La scultura doveva fare parte di una statua togata, come dimostrano la base d’innesto con il foro per il chiodo d’incastro ed il taglio netto del velo all’altezza del collo. La sua provenienza originaria è ignota, ma doveva essere, probabilmente, posta su una statua collocata all’interno di un importante edificio pubblico cittadino. Augusto divenne pontefice massimo nel 12 a.C., ma già da alcuni anni prima aveva iniziato a diffondersi un tipo di ritratto celebrativo che lo raffigura come sacrificante. L’abbigliamento, costituito dalla toga e dal velo che copre il capo, non deve, quindi, essere interpretato come un richiamo alla carica di Pontifex Maximus, ma piuttosto ha lo scopo di presentare l’immagine di Augusto esaltandone la virtù morale, quella che i Romani chiamavano pietas, ovvero la devozione, in primo luogo, verso gli dèi. La testa, per lungo tempo collocata sotto il portico del Palazzo Comunale di Nepi, fu trafugata all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso e recuperata solo nel 2016.
STEMMA DI LUCREZIA BORGIA
Nell’ottobre del 1499 Rodrigo Borgia, divenuto papa con il nome di Alessandro VI già da alcuni anni, donò la città di Nepi con il suo territorio alla figlia Lucrezia. All’epoca ella era già sposata in seconde nozze con Alfonso d’Aragona duca di Bisceglie. L’anno successivo Alfonso fu assassinato e Lucrezia si ritirò, per trascorrere un periodo di lutto, all’interno della Rocca di Nepi. All’inizio del 1501, tornata a Roma, fu fatta sposare ad Alfonso d’Este e partì per Ferrara dove rimase sino alla sua morte. Del suo breve periodo di governo di Nepi, resta un’importante e rara testimonianza in uno stemma marmoreo che reca le insegne della famiglia Borgia unite a quelle degli Aragona di Napoli. L’emblema proviene quasi sicuramente dalla Rocca, da dove fu prelevato nell’800 per essere murato sotto il portico del Palazzo Comunale. Negli anni ’80 del secolo scorso entrò a far parte della raccolta del primo antiquarium comunale per poi confluire in quella del Museo Civico.